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Turbomamme ossessionate dalla performance – il Venerdì di Repubblica

19 Maggio 2017

Mamme sull’orlo di una crisi di nervi. Stremate, stressate, sfruttate. Superimpegnate. In competizione con se stesse e con le altre. Madri, nonne e amiche. Alla continua ricerca di una perfezione che sta diventando un’ossessione.
Col risultato di trasformare la maternità in una sorta di estenuante cronoprogramma.
Pappine bio, bagnetto a 37 gradi, canzoncine in inglese, nuoto, corpo libero, danza, laboratorio di argilla, orto didattico, lezioni di musica. Con l’asticella che si alza sempre di più. Grazie ad una sorta di formazione permanente che passa per siti, blog, forum, app, tutorial e manuali. Risultato, donne risentite, rabbiose, frustrate. Sostanzialmente incazzate.
«Hanno tenuto in grembo il figlio per nove mesi ma non riescono a sopportarlo per più di dieci minuti». È il titolo di un dossier che Le Monde ha dedicato al fenomeno delle turbomamme.
Una vera mutazione antropologica, che manda in crisi le famiglie e fa scoppiare le coppie. Perché, se la maternità responsabile è cosa buona e giusta, questa maternità iperresponsabile è un’ipertrofia dell’accudimento. Dove gli imperativi contemporanei – efficienza, produttività, competitività, velocità – debordano dai confini dell’economia e diventano mentalità, visione della vita. È la versione multitasking della tradizionale tendenza oblativa delle donne, abituate a dare senza ricevere, a sacrificarsi sempre a non esonerarsi mai. Così la cura dei figli passa da un modello formativo a un modello performativo. Dove la mamma diventa una sviluppatrice di risorse umane. E il figlio il suo prodotto. Più o meno di successo.

Marino Niola
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