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Se i social network diventano la suburra del villaggio globale – il Venerdì di Repubblica

2 Giugno 2017

Evan Williams, il cofondatore di Twitter, chiede pubblicamente scusa sul New York Times per aver favorito la vittoria di Trump. Che, da parte sua, ha ammesso di essere diventato presidente grazie al cinguettio dell’uccellino. Pochi giorni prima il guru della Silicon Valley si era paragonato a Prometeo, l’eroe che rubò il fuoco agli dei dando inizio alla civiltà umana.
Sembrerebbe semplice megalomania se non ci fosse un forte sospetto di contromarketing. Visto che, dopo Blogger e Twitter, Williams ha lanciato anche Medium, una piattaforma high quality a metà tra blog e social. E lo stesso mea culpa per l’elezione di Trump è in realtà un modo per attribuirsi il risultato, sia pur turandosi il naso per quel che sta diventando la rete.
Internet is broken, così il New York Times ha intitolato l’esternazione di Williams, che denuncia la degenerazione della web society. Facebook diffonde suicidi, pestaggi e omicidi in tempo reale. Twitter è diventato un covo di troll. Nonché di molestatori, pedofili, stalker impuniti e impunibili. Le bufale dilagano e i contenuti che postiamo vengono
venduti alla pubblicità. Mentre i terroristi si scambiano messaggi in codice e diffondono video agghiaccianti. Sarà pure pentito e contrito, Mr. Williams, ma è anche molto distratto. Perché non vede o preferisce non vedere che i social vivono di questa spazzatura come dei contenuti puliti. E le fake producono gli stessi profitti delle altre news.
Il grande problema non è il controllo delle notizie ma la mancata trasparenza del loro modo di produzione. Insomma la vera scatola nera della società 2.0 è l’algoritmo. Che sta trasformando i social nella suburra del villaggio globale.

Marino Niola
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