
Quando il dilemma dell’accoglienza diventa una tragedia – il Venerdì di Repubblica
Mentre i nostri porti facevano da teatro al dramma degli stranieri, sabato scorso al Teatro Grande di Pompei andava in scena la tragedia dello straniero, le Baccanti di Euripide. Che si può considerare a tutti gli effetti la prima rappresentazione del dilemma dell’accoglienza. Lo spettacolo, con la splendida regia di Andrea De Rosa e interpreti del calibro di Cristina Donadio e Federica Rosellini, è stato prodotto dagli Stabili di Napoli, di Torino e dalla Fondazione Campania dei Festival.
La trama, ridotta all’osso, racconta dell’arrivo a Tebe del dio Dioniso sotto le mentite spoglie di un forestiero. La città si divide tra chi è pronto ad accoglierlo e chi invece vorrebbe respingerlo. Finisce male per tutti. Sia per quelli che cercano di chiudere le porte in faccia al richiedente asilo, sia per quelli che vorrebbero aprirle senza condizioni. Insomma il drammaturgo ateniese, con 2.500 anni di anticipo, ci restituisce un fotogramma visionario di quello che stiamo vivendo. Grazie al mito, che parla al di sopra dei secoli e giunge fino a noi. Una scelta tempestiva e rivelatrice, quella del regista, che ci aiuta a leggere un momento storico come questo in cui la diversità è diventata uno dei grandi fantasmi dell’Occidente. Sia che venga dal di fuori, nelle vesti di un richiedente asilo. Sia che affiori dalle profondità di ciascuno come uno sconosciuto che ci rende stranieri a noi stessi.
Un groviglio di problemi in cui all’urgenza della cronaca si aggiunge una questione che viene da molto lontano. E che riguarda i pro e i contro del rapporto con l’altro. Le due facce dello scambio. O, come diremmo oggi, i vantaggi e i rischi della globalizzazione. Perché nella storia tutto passa ma tutto torna.
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