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Il ritmo della taranta diventato algoritmo del nuovo Salento – il Venerdì di Repubblica

24 Novembre 2017

Una volta le donne salentine ballavano la pizzica per guarire dal morso della tarantola. Oggi la pizzica la ballano folle
di turisti che hanno fatto del Salento la nuova frontiera del divertimento di massa. Il tacco d’Italia è ormai nella top five di Trivago, il principale metasearch mondiale di hotel e destinazioni vacanziere. E pensare che all’origine di questo boom c’è proprio la taranta, il ragno che fu per secoli il simbolo del sottosviluppo e della miseria del Sud contadino.
Dove le raccoglitrici di tabacco e di olive, cresciute a fave e cicoria, esorcizzavano il loro mal di vivere al ritmo sfrenato della danza. La differenza tra ieri e oggi, tra la cultura popolare autentica e il revival folk dei nostri giorni, tra la frugalità forzata dei contadini e quella choosy che si celebra negli agriturismi bio, risulta molto chiara leggendo un libro appena pubblicato dall’editore Squilibri. Si intitola Musica e tradizione orale in Salento (pp. 384, euro 25,50).
Un documento prezioso perché nasce dalle registrazioni effettuate nel 1954 da due grandi della ricerca antropologica come l’italiano Diego Carpitella e l’americano Alan Lomax, che scoprì folksinger di culto come Woody Guthrie e un bluesman come Muddy Waters. Ascoltando i tre cd allegati al volume viene fuori un’umanità quasi stonata, finita su un binario morto dello sviluppo, eppure incredibilmente creativa. Lontana anni luce dal neoruralismo glamour della Notte della Taranta. Eppure questi due estremi della storia sono figli l’uno dell’altro. È semplicemente cambiata la chiave musicale. E quel ritmo che fu simbolo di arretratezza, oggi è diventato l’algoritmo del nuovo Salento.

Marino Niola
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