
Troppi e inutili la Biblioteca del Congresso “molla” i tweet – la Repubblica
Twitter non fa storia. Ma in compenso fa tanta fuffa. Lo ha stabilito la Biblioteca del Congresso statunitense, che ha deciso di non archiviare più i tweet pubblici. Dopo aver stoccato dieci anni di cinguettii, dal presidente Trump all’ultimo dei vip, nella convinzione che si trattasse di un giacimento di documenti da tramandare ai posteri, i responsabili della più grande biblioteca del mondo hanno gettato la spugna.
Perché si sono resi conto di non avere tra le mani l’auspicata annalistica del terzo millennio, ma solo un’ingestibile mappazza digitale. Impossibile da consultare e da indicizzare.
Basti pensare che per fare una ricerca tematica sui primi quattro anni dell’archivio, il processore impiega 24 ore.
Perché resta impantanato in una sbobba di esternazioni ininfluenti. E pensare che sono stati esclusi video, foto e conversazioni private.
Così, dall’inizio di questo nuovo anno, la big- blioteca ha annunciato ufficialmente di voler cambiare modalità di archiviazione, in favore «di un’acquisizione selettiva». Un modo diplomatico, ha commentato Amanda Petrusich sul New Yorker, per dire «che era ora di farla finita con questa cacca».
Di fatto questo sbrodolamento social rende impossibile stabilire cosa sia importante e cosa non lo sia. E fa implodere i sistemi comunicativi per eccesso di dati memorizzati. È un problema antico e nuovo.
Antico perché gli uomini si sono sempre posti il problema di come fare a costruire la memoria collettiva. E hanno sempre inventato criteri di selezione per distinguere cosa ricordare e cosa dimenticare.
Dagli annali, alle cronologie, alle mitologie, fino a quella forma di rammemorazione selettiva, interpretativa e mai oggettiva, che è la storiografia.
Che non a caso illumina segmenti di passato e ne oscura altri. Perché la memorizzazione non consiste semplicemente nell’immagazzinare informazioni. Ma è un motore di ricerca, un filtro culturale, politico, ideologico, emotivo, affettivo che conserva ed elabora ciò che in un modo o nell’altro ci sta a cuore. E dimentica il resto. Ma quell’oblio non è un vuoto, bensì una funzione vitale della memoria. Che le impedisce di essere soffocata dall’accumulo di dettagli. Oggi questi dettagli crescono a ritmo esponenziale.
Si contano seimila tweet al secondo. È l’effetto della connessione permanente che anabolizza la memoria, la rende ipertrofica facendola collassare su se stessa. Non ne abbiamo mai avuta a disposizione così tanta. E al tempo stesso così inservibile. Almeno finché non avremo inventato una nuova ecologia della mente.
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