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Contratto sociale 2.0: l’accesso alla rete è uguale per tutti – il Venerdì di Repubblica

12 Gennaio 2018

Una volta le lotte sociali si facevano per il welfare. Oggi la posta in gioco è il webfare. Cioè l’uguaglianza dei cittadini nell’accesso e nell’uso di internet. Come dire che se voglio andare su YouTube, o sul sito dell’Inps, di un Comune, di un ospedale o di una compagnia aerea, nessuno può dirmi che devo aspettare perché ha la precedenza chi ha pagato di più. Insomma la velocità di navigazione deve essere uguale per tutti. Così è stato finora. Ma adesso le
cose potrebbero cambiare in peggio. Perché a dare la prima spallata a questo principio, che si chiama Neutralità della Rete, è stato Donald Trump che punta a un sistema on demand sul modello della tv a pagamento.
E a dicembre la Commissione federale delle Comunicazioni Usa ha, di fatto, aperto la via alla liberalizzazione dell’infrastruttura digitale.
L’Europa resiste allo tsunami neoliberista, almeno per il momento. Ma questo precedente è pericoloso, perché i provider non vedono l’ora di spremere agli utenti quanti più quattrini possibile. Per questo la Dichiarazione dei diritti di internet, redatta nel 2015 da una commissione di studio della Camera sotto la direzione del compianto Stefano Rodotà, aveva stabilito che un accesso neutrale al web «nella sua interezza» è condizione necessaria dei diritti fondamentali della persona. Perché oggi passa tutto di lì, dall’informazione alla formazione. Dai servizi all’intrattenimento.
Ormai la rete digitale è un’infrastruttura vitale quanto quella idrica, stradale, energetica. E metterla solo a mercato significa di fatto cancellare dei presupposti fondamentali su cui si reggono le nostre democrazie. Come l’istruzione e la sanità pubbliche. Ecco perché la Neutralità della Rete non è una palla al piede dell’economia, ma una visione dell’uomo e della società. Un contratto sociale 2.0.

Marino Niola
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