
In cucina prove generali di futuro – la Repubblica
Il cibo è l’energia sostenibile della storia, e al tempo stesso il motore della cultura umana. I grandi tornanti dell’evoluzione, dall’invenzione della ceramica a quella degli Ogm, sono legati al cibo. A ben pensarci la civiltà stessa è una sorta di cucina. Perché strappa gli umani alla loro naturalità nuda e cruda e li trasforma, li rende “coltivati”. Non a caso le parole coltura e cultura hanno lo stesso significato. E gli uomini cominciano a distinguersi dagli altri animali dal momento in cui smettono di mangiare nature e si mettono ai fornelli. Come dire che homo sapiens e homo edens sono la stessa persona.
In realtà, nello stesso momento in cui gli uomini cominciano a produrre il fuoco, il fuoco comincia a produrre gli uomini. Cucinando i loro alimenti, i popoli cucinano se stessi, modificano la loro comune natura animale per trasformarla secondo quelle regole che costituiscono i linguaggi e le identità alimentari. Cosa mangiare, cosa non mangiare, quanto, quando, come, con chi. E ancora, tipi di cottura, successione delle portate, tabù religiosi, buone maniere a tavola, precetti dietetici. Regole e usi che trasformano la nutrizione in gusto, scambio, memoria, tradizione, narrazione, condivisione. (….)
Ecco perché, dal tempo degli spiedi primitivi a quello delle piastre a induzione, le diverse culture si caratterizzano in base a ciò che mangiano. E in questo tempo di incontri e di scontri, migrazioni e contaminazioni, conoscere la cultura alimentare propria e degli altri è uno strumento educativo che riduce le distanze, le diffidenze e le differenze. Rende meno temibili le diversità e più accoglienti le identità. In questo senso il nostro futuro dipende dall’uso che faremo del cibo.
Il cibo all’Unesco
Il testo è un estratto del discorso che l’autore, antropologo e editorialista di Repubblica, terrà oggi a Parigi in occasione della prima Giornata mondiale dedicata dall’Unesco al cibo come fattore culturale.
L’Italia, nella persona dell’ambasciatrice Vincenza Lomonaco, ha avuto un ruolo chiave nell’organizzazione della Giornata.
Non solo per sopravvivere, ma soprattutto per vivere bene, a lungo e in salute. Oltre che in pace con noi stessi, con gli altri e con l’ambiente. E per vincere la scommessa, c’è bisogno di riscrivere la nostra etica alimentare. Con una nuova cultura e una nuova scala di valori, individuali e soprattutto collettivi, fondata sulla sostenibilità e sulla convivialità.
Non è un caso che lo spagnolo comer venga da cum edere. E la parola educare derivi da edere, mangiare, come dire chl’educazione è un processo di trasformazione culturale. (….)
Ecco perché la promozione della cultura del cibo è una delle grandi sfide della politica, della formazione e dell’informazione.
Per dare risposte corrette e lungimiranti a quella “volontà di sapere” diventata ormai il pensiero dominante del nostro tempo. Che dell’alimentazione ha fatto una passione e un’ossessione. Oscillante tra cibomania e cibofobia, etica e dietetica. Ma anche la materia prima di una nuova idea dello sviluppo e della sicurezza dell’ecologia e dell’economia, dell’equità e della felicità, della salute e del piacere.
Dietro ogni cibo, dietro ogni sapore c’è una storia sociale e personale che viene da molto lontano. Dall’abilità degli artigiani, dalla sapienza contadina, dalla creatività delle donne, costrette a fare di necessità virtù, trasformando lascarsità in bontà. Quel che rende straordinari i patrimoni materiali e immateriali dell’alimentazione è proprio l’antico intreccio di cultura e misura di cui essi sono espressione. Dove la misura indica una sorte di equilibrio aureo che regola le relazioni sociali e ambientali. Un algoritmo “equo”. Come indica la parola italiana “cibo”, che deriva proprio dal greco kebos, che era lo strumento per calcolare la quantità giusta di alimenti.
I grandi temi del presente, come la qualità della vita, la difesa dell’ambiente e del vivente, la salvaguardia delle biodiversità, la bioetica animale, la tutela delle filiere corte, la valorizzazione delle identità e delle comunità, passano soprattutto attraverso le scelte e le sensibilità alimentari.
(…..) Ecco perché studiare, archiviare, tutelare, valorizzare i patrimoni gastronomici delle nostre nazioni è necessario e fondamentale per rispondere alle nuove domande del presente. Per riconoscere e far conoscere la straordinaria ricchezza delle biodiversità alimentari e culturali, i giacimenti di “petrolio verde” che sono il vanto e la ricchezza di ogni paese, e trasformare la cucina nella prova generale del nostro futuro.
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