
Generazione X, l’identità (e il sesso) multitasking – il Venerdì di Repubblica
Niente sesso siamo newyorchesi. Dal prossimo primo gennaio i cittadini della Grande Mela che non si sentono né uomini né donne potranno indicare la loro identità di genere con la X. Così mentre da noi i familisti al gorgonzola invocano il ritorno di mamma e papà, per esorcizzare lo spettro del genitore 1 e 2, nel Paese che spesso anticipa il nostro futuro, si guarda avanti.
Il City Council, il Consiglio comunale della capitale dell’Occidente, ha approvato a stragrande maggioranza, 41 a 6 con il voto favorevole del sindaco Bill de Blasio, una legge che consente agli adulti di cambiare l’indicazione del sesso sui documenti ufficiali. E ai genitori di indicare quello dei loro figli con l’incognita, in attesa che siano loro a scegliere chi essere, quando avranno l’età per farlo. Ma anche a non scegliere, per rimanere svincolati da una visione sessista e binaria dell’essere. La stessa cosa avviene già in California, Oregon, Washington D.C. e New Jersey.
La decisione riflette una concezione dell’identità personale sempre più dinamica, plurale, multitasking. Che ha origine dalla cultura e non dalla natura, visto che la veranatura umana è la cultura. Lo rivelano le ricerche degli antropologi su quei popoli dell’Africa, dell’Asia e dell’Oceania dove da sempre una donna sterile, ma non necessariamente, ha il diritto di essere considerata socialmente maschio e sposare un’altra donna. Per diventare “padre” dei figli che la sua metà genera con un donatore di seme. Insomma se da noi l’idea di una grande virtualità genitoriale è fonte di smarrimento e ragione di polemica, ci sono società che hanno affrontato la questione in anticipo. Sperimentando modi nuovi e diversi di essere genitori.
E, in generale, di essere persone.
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