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Finisce l’era dei superuomini di massa – il Venerdì di Repubblica

23 Novembre 2018

Con l’autore dell’Uomo ragno finisce l’era dei supermen. Stan Lee, scomparso nei giorni scorsi a Los Angeles all’età di 95 anni, è stato uno dei più straordinari creatori di miti del nostro tempo.
Dalla sua fantasia ha preso vita un vero esercito di eroi di cartoon, che hanno affollato l’immaginario pop. Iron Man, l’Incredibile Hulk, Black Panther, i Fantastici Quattro, Thor, X-Men. E soprattutto Spider-Man, il più celebre e il più problematico di tutti. In lui l’autore aveva zippato l’intero repertorio di segni del melting pot culturale che aveva nella testa. Da Shakespeare a Mark Twain, da Sir Arthur Conan Doyle, l’inventore di Sherlock Holmes, ai giornali più pulp.
I suoi personaggi alternavano un sofisticato linguaggio elisabettiano, come Thor, allo slang sboccato di The Thing, La Cosa, che parlava come un proletario del Lower East Side. Precisava, con una punta di snobismo, di non essere un grande della letteratura ma si vantava, in compenso, di essere la penna più veloce d’America.
In realtà il suo orologio creativo era sincronizzato sui tempi usa e getta della cultura pop. Di fatto Stan Lee, il cui vero nome era Stanley Martin Lieber, ha contribuito, con Bob Kane, autore di Batman, e Jerry Siegel, padre di Superman, insieme a Joe Shuster, a costruire la mitologia del superuomo di massa, come lo definiva Umberto Eco.
Un individuo comune, timido e insicuro che di fronte al male si trasforma in un invincibile giustiziere. Insomma, uno come noi, ma all’ennesima potenza. Il simbolo perfetto di quell’aspirazione al superamento di sé e dei propri limiti, tipico del self-made man del Novecento.

Marino Niola
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