
La bistecca sintetica che salva mucche e mangiatori di carne – il Venerdì di Repubblica
Mangiatori di bistecche, unitevi! Ed esultate. Perché sta per cominciare l’era del fake food, cioè dell’hamburger coltivato. Due mesi anziché due anni per produrre una bistecca. Allevamenti e inquinamento da gas serra risparmiati. Niente spargimento di sangue nei macelli. Zero scarti. Sono questi i vantaggi della polpetta sintetica. Di fatto le fiorentine in un futuro ormai diventato presente, saranno prodotte facendo crescere in laboratorio cellule muscolari.
Per la gioia dei mangiatori di carne che non vogliono saperne di convertirsi allo spezzatino di soia, alla bistecca di tofu, o alla di lombatina di lupini. Ma al tempo stesso non sono insensibili alle ragioni della sostenibilità e della pietà.
Così sembra avverarsi la profezia del grande statista inglese Sir Winston Churchill, che negli anni Trenta deprecava l’assurdità di allevare un pollo intero, solo per mangiarne il petto e le ali.
E prevedeva che presto la scienza avrebbe inventato il modo di far crescere cosciotti, entrecôtes e filetti. Come dire le parti senza il tutto, i tessuti senza l’animale che soffre. Un cibo non-vivente, insomma. Siamo all’incrocio fra la bio-ingegneria e la bio-arte.
Non a caso negli ultimi anni scienziati e performer hanno lavorato spesso insieme per esplorare nuove soglie della commestibilità e della sua percezione. Come nel 2013, quando Oron Cats e Ionat Zur nel teatro anatomico del Waag di Amsterdam, lo stesso dove Rembrandt dipinse la sua celebre Lezione di anatomia, hanno esposto un tessuto proteico ottenuto grazie alla moltiplicazione di cellule staminali.
Insomma, è la coratella nell’epoca della riproducibilità tecnica.
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