
Quel teatro di maschere chiamato io – la Repubblica Robinson
È in libreria la nuova edizione del libro di Francesco Remotti, tra i più celebri antropologi italiani: un prezioso antidoto contro le tentazioni e le deviazioni dell’identità, che riaffiorano in momenti di paura e incertezza come quello attuale. E spingono individui e società ad asserragliarsi entro i confini di un io e di un noi sempre più allarmati, escludenti e incomunicanti.
La sindrome identitaria disattiva i recettori della pietà e della solidarietà e asseconda così gli istinti più bassi di sovranismi, nazionalismi, neotradizionalismi e razzismo. Viralizzati dalla rete e fomentati dalla politica che trasforma l’opposizione tra l’identico e il diverso in uno strumento di consenso. Remotti smonta il meccanismo, dimostrando che l’identità è un tessuto fatto di differenze. Insomma, per dirla con Rimbaud, l’io è un altro. Ma spesso lo dimentica.
Contro l’identità di Francesco Remotti (Laterza, pagg. 118, euro 9)
Dai riti dionisiaci ai rave party. Dal fermento ritmico del voodoo alla danza dei tarantolati. Dalla possessione estatica degli sciamani alla possessione estetica dei bluesmen. La nuova edizione del libro di Rouget svolge il filo rosso che lega musica e trance. E indaga forme e ragioni di un legame che si ritrova nel passato più lontano, come nel presente. Perché nelle società umane il contatto con il soprannaturale passa per due momenti connessi.
Un’agitazione musicale che muove e commuove, e lo svuotamento della coscienza che trasforma corpo e mente in casse di risonanza dell’infinito, in maschere dell’altro, in marionette del dio.
E questo spaesamento del soggetto, quest’alterazione dell’identità fanno emergere l’algoritmo segreto che rende l’uomo un essere multitasking.
Musica e trance di Gilbert Rouget (Einaudi, pagg. 520, euro 30)
La storia accelera. Le grandi narrazioni sul futuro che hanno fatto la modernità sono obsolete. Allora nel mondo globalizzato chi è l’altro e soprattutto a cosa ci serve? La diversità fra gli individui e le etnie è da sempre il pane quotidiano degli antropologi. E lo è anche di Marc Augé che in questo libro ripercorre i suoi terreni di ricerca. Dal Benin alle megalopoli di oggi, dal paganesimo africano al culto attuale dell’immagine, fino agli eroi delle serie tv americane.
Morale della favola: noi siamo grazie alla relazione con gli altri. E dunque abbiamo tre opzioni. Chiuderci dentro la nostra cultura. Annullarci nella omologazione e nella globalizzazione. Oppure vivere l’avventura dell’incontro. E solo chi ci prova oggi ha la chance di costruirsi come persona degna di questo nome.
Chi è dunque l’altro? di Marc Augé (Raffaello Cortina, pagg. 256, euro 24)
Ma chi l’ha detto che dopo la morte la cosa peggiore sia l’inferno! Basta guardare l’immaginario punitivo degli antichi Greci: un catalogo di supplizi personalizzati, profilati diremmo usando le parole del marketing. Da Sisifo, costretto per sempre a portare in vetta al monte un masso che poi precipita a valle. Alla fame e sete perenni di Tantalo, che avendo offerto carne umana agli dèi, è condannato a tentare di acchiappare frutti da alberi che traggono indietro i rami.
Fino ad Ocno, che intreccia h24 una corda sistematicamente divorata da un’insaziabile asina. O quelli che hanno come sola colpa quella di non essere iniziati ai misteri di Eleusi e perciò se ne stanno per sempre in ammollo nei fanghi inferi. Insomma non sarà l’inferno dantesco, ma è peggio di un film horror.
Senza paradiso. Miti e punizioni dell’aldilà di Doralice Fabiano (Il Mulino, pagg. 280, euro 20, in libreria dal 23 maggio)
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