
Meno cicale (e con più sensi di colpa) – il Venerdì di Repubblica
Gli italiani buttano via meno cibo di una volta. E si sentono in colpa se lo fanno.
Sono i dati incoraggianti che emergono da un’indagine di Waste Watcher, il primo osservatorio nazionale dello spreco domestico dell’Università di Bologna, diretto da Andrea Segrè. Quattro connazionali su cinque considerano «un’assurdità irresponsabile» gettare nella pattumiera alimenti ancora buoni. Anche se il 43 per cento ammette di farlo una volta al mese e il 15 ogni settimana.
Mentre i dissipatori compulsivi, che lo fanno una volta al dì, sono ormai l’un per cento. Sono cifre riferite al 2018. Quattro anni prima era tutta un’altra musica. La percentuale degli spreconi quotidiani arrivava al 55 per cento.
Mentre trenta italiani su cento lo erano da tre a quattro volte a settimana. I virtuosi rappresentavano una minoranza. Buona parte del merito di questa resipiscenza ambientale, sostiene Segrè nel suo nuovo libro Il metodo spreco zero, è di Expo, che per oltre un anno non ha fatto che parlare degli squilibri ecologici e delle ingiustizie sociali dovute a questi comportamenti da cicale e ha contribuito a creare una nuova coscienza alimentare. Ed era ora!
Perché se facciamo la somma di tutto il ben di Dio che tutt’ora va mandato alla malora, per pigrizia, per abitudine, per mancanza di consapevolezza o per un difetto di organizzazione del menage familiare, si arriva a un totale impressionante. Se una famiglia spreca in media 84 chili di cibo all’anno, per un valore di 450 euro, vuol dire che complessivamente in Italia si sciupano oltre due milioni di tonnellate di alimenti buoni per un ammontare che siora i 12 miliardi. Quasi un punto del Pil nazionale. Se ciascuno di noi spendesse meglio quei 450 euro sperperati, forse sarebbe un piccolo passo verso l’uscita dalla crisi. Perché sul tempo lungo farebbe bene al Pianeta, sul breve alla nostra satisfaction.
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