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Saggi i Greci, parlavano di vita e non di giro vita – il Venerdì di Repubblica

5 Luglio 2019

Con i primi caldi torna anche la paura di affrontare la prova costume. L’idea di dover mostrare senza infingimenti le proprie nudità, scatena epidemie di dismorfofobia, la sindrome della bruttezza immaginaria. E allora la dieta diventa il rito stagionale per uscire dall’inverno del nostro scontento calorico.
Che ci fa sentire in colpa con la coscienza e con la bilancia. E per soddisfare la nostra domanda di magrezza e di purificazione si mette in moto un esercito digitale di dietologi fai-da-te, falsi scienziati e autentici lestofanti, venditori intraprendenti e guru sedicenti, che sono la versione web dei ciarlatani d’antan, come il Dulcamara dell’Elisir d’amore di Donizetti, il dottore farlocco che campa vendendo bufale. In realtà questa schiera di pseudo-specialisti lucra alla grande sul nostro bisogno di bellezza e di salute. Chi riempie palazzetti dello sport, chi millanta i miracoli del riso, chi esalta i prodigi della curcuma, chi decanta le virtù dei limoni. E chi garantisce scorciatoie chetogeniche per snellezze impossibili. Così la dieta si riduce a una penitenza momentanea per garantirsi ventri piatti e addominali a tartaruga.
Siamo a distanze siderali dal significato autentico della parola, che viene dal greco antico diaitae che significa modo di vivere. E indicava un comportamento non esclusivamente alimentare. Mentre le nostre diete si risolvono in un controllo meramente quantitativo del peso e delle misure. Insomma, i Greci parlavano di vita, noi di giro vita.
Ecco perché le privazioni che ci infliggiamo, istigati da questi consulenti fraudolenti, alla fine non producono che ansia, frustrazione e depressione.
E quel che è peggio, malnutrizione. Aveva decisamente ragione Mark Twain quando raccontava di essere stato a dieta quindici giorni. E a chi gli chiedeva quanto avesse perso, rispondeva papale papale: «Quindici giorni». Più chiaro di così!

Marino Niola
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