
A Napoli la natività si racconta con i poveri cristi – il Venerdì di Repubblica
Se il presepe è il fermo immagine della Natività, il teatro rimette in movimento la rappresentazione sacra. E l’esempio più perfetto di questo incrocio tra culto e performance è la Cantata dei pastori. Un dramma sacro nato a Napoli nel Seicento e che da allora fa parte della liturgia del Natale popolare. Recitato nelle scuole, nelle chiese, nei cortili, nei cinema parrocchiali, perfino nelle case, è uno degli ultimi esempi al mondo di dramma sacro.
Quest’anno la Regione Campania lo ha iscritto nell’inventario del patrimonio immateriale e l’UNESCO potrebbe proclamarlo patrimonio dell’umanità. Da ieri il grande attore Peppe Barra, insieme alla strepitosa Rosalia Porcaro, mette in scena questa battaglia tra angeli e demoni, sulle gloriose tavole del teatro Politeama di Napoli. E fino al 29 dicembre sarà possibile assistere alle repliche dello scontro cosmico che ha come posta la nascita del Redentore. Che le forze del male, capeggiate da Belzebù, cercano di scongiurare con ogni mezzo. Di fatto la Cantata dei pastori è il Natale in commedia, che fa di Napoli, città teatro all’ennesima potenza, la vera location della Buona Novella. Non a caso il primattore della storia è Razzullo, uno scrivano partenopeo povero in canna, proprio come il Felice Sciosciammocca di Miseria e nobiltà, che si aggira per i vicoli della Galilea cercando di sbarcare il lunario. E quasi a sua insaputa diventa il problem solver della Sacra Famiglia. Come dire che il vero protagonista è il popolo. Perché Cristo si incarna prima di tutto nei poveri cristi. Sta proprio qui la morale di questo Natale in casa Razzullo, la reinterpretazione dal basso che fa rivivere il dogma nel volto e nel corpo di persone comuni. E a Peppe Barra va riconosciuto il merito di aver mantenuto viva questa straordinaria eredità culturale che ha contribuito a fare la storia del teatro europeo.
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