
Da morbida a croccante in tavola la nuova Italia – La Domenica di Repubblica
Svegliarsi è un po’ rinascere. È la sveglia, la nostra tirannica levatrice, a strapparci ogni mattina al calore materno e protettivo del letto per farci venire alla luce. Fragili come neonati ci troviamo improvvisamente gettati nel mondo. Con i problemi al massimo e l’energia al minimo. E mentre la nostra mente annebbiata brancola nel buio, il nostro corpo saggiamente vuole una cosa sola. Dolcezza, calore, sapore. Per darci lo sprint necessario a buttarci nella mischia.
Come dire che il buon giorno si vede dal panino. Ma non solo. Ci vogliono anche latte, burro, marmellata e miele. E, ça va sans dire, il caffè che ci chiama a raccolta gorgogliando nella moka. Senza dimenticare yogurt per i salutisti e frutta per i naturisti. È il mantra del perfetto risveglio, la regola aurea della colazione all’italiana, semplice, leggera, energetica. Roba da bambini in confronto alle minacciose bordate caloriche del breakfast nordico. Che fanno pensare alla colazione degli orchi delle fiabe, quelli che mangiano trecento buoi senza lasciare nemmeno un ossicino. O all’abbuffata mattutina di Polifemo che appena sveglio manda giù due compagni di Ulisse come fossero uova strapazzate. Ma al di là di queste mitiche ingordigie basta pensare al breakfast nipponico con l’immancabile pesce crudo, o a quello degli Eschimesi, che combattono il gelo dell’alba polare rimpinzandosi di grasso di foca, per avere l’idea della varietà di abitudini alimentari che danno la sveglia agli umani.
Lo provano i nomi stessi che la prima colazione ha in diverse lingue. Dal termine italiano che deriva da collazione — letteralmente mettere insieme — ed evoca subito la socialità, lo scambio, la mutualità. Al desayuno spagnolo e al petit déjeuner francese che indicano invece la fine del digiuno notturno. Proprio come l’indiano nashita che significa avere lo stomaco vuoto. Mentre l’inglese breakfast e il tedesco früstück fanno pensare immediatamente alla velocità e al dinamismo della borghesia moderna. (Anche se quella di breakfast è una falsa etimologia, perché in realtà deriva dal sostantivo fast, “digiuno”, e non dall’aggettivo che significa veloce). Se è vero che le differenze tra i popoli affiorano soprattutto nel modo di mangiare, allora si può dire che non siamo noi a fare colazione ma è la colazione a fare noi. Riflettendo le differenza fra noi e gli altri, ma anche fra l’Italia di ora e quella che usciva affamata dalla guerra. Quella che non aveva pane e non poteva certo sostituirlo con le brioche.
Se noi combattiamo le nostre ansie mattutine guardandole attraverso il velo fumante di un cappuccino, sgranocchiando un biscotto fragrante, sbocconcellando un croissant dorato, i nostri nonni esorcizzavano la miseria sognando dolcissimi mari di latte dove affogare tozzi di pane vecchio e monti di polenta. Poi col miracolo economico arrivarono frollini, cornetti, merendine, fette biscottate. E il made in Italy diventò croccante. Prendendo il ritmo incalzante e martellante del presente. Che divide il mattino fra un crunch e un brunch. Per un risveglio sempre più rock. [Download PDF]
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