
A Napoli il mondo si incontra cuocendo il ragù – il Venerdì di Repubblica
Se il melting pot è in salsa partenopea, l’integrazione culturale è assicurata. Nei popolarissimi Quartieri Spagnoli due fruttivendoli filantropi danno lezioni di cucina napoletana. Ma anche di vita.
Tina e Angelo Scognamiglio hanno organizzato un corso gratuito nel retrobottega del loro negozio al civico 93 di vico Lungo Gelso, a due passi dal glorioso Teatro Nuovo, dove Rossini e Donizetti dirigevano le loro opere.
E gli immigrati rispondono alla grande. Si infilano il grembiule e imparano i segreti di una delle più celebri gastronomie d’Europa. Spaghetti al pomodorino del piennolo, parmigiana di melanzane, peperoni gratinati, gattò di patate, pasta e zucca, sartù di riso, struffoli. E il mitico ragù, quello che sobbolle per otto ore prima di diventare dello stesso colore della lava del Vesuvio.
Ogni martedì un piatto. Alle 15.30, puntuale come un orologio svizzero, la signora Tina si affaccia sulla porta del negozio e chiama a raccolta la sua classe multietnica. E i guaglioni accorrono. Cingalesi, senegalesi, russi, cinesi, magrebini, indiani. Maschi e femmine, senza discriminazioni di genere. E per incanto i confini spariscono mentre sapori, voci e persone si mescolano. Così, mettersi tutti insieme intorno a un tavolo a fare una pastiera diventa un esperimento di convivenza conviviale, una politica sociale all’insegna della dolcezza.
«Davanti a un piatto di pasta siamo tutti uguali». È la civilissima filosofia dei signori Scognamiglio, sempre attenti a non trasformare le differenze di tradizione e di religione in fattori di divisione. Spesso, senza neanche dirlo, «elimino dalle ricette il maiale perché i musulmani non lo gradiscono». Dice la signora Tina con un understatement da grande diplomatica, dove affiora tutto il savoir faire, al tempo stesso signorile e inclusivo, di un’antica città-mondo come Napoli. Come in tutte le grandi scuole i corsi si concludono a giugno con i saggi finali. Ma questa volta entrano in gioco le cucine del mondo. Dai ravioli cinesi al riso al curry fresco cingalese, dal borsch slavo allo yassa senegalese. Ogni gruppo organizza la sua serata, con i protagonisti in costume tradizionale.
Così ricette, tecniche di cottura, tagli, trucchi vengono confrontati, scambiati, mescolati. Ed etnie, confessioni, mentalità lasciano il posto alla familiarità. È sempre a tavola che nascono le nuove comunità. Forse perché il cibo, che è il più universale dei linguaggi umani, unisce gli individui laddove le ideologie, le culture, le nazionalità li dividono.
Vedere per credere. Adesso è possibile grazie a un bellissimo video realizzato dalle allieve del master in Comunicazione multimediale dell’enogastronomia dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e del Gambero Rosso, caricato su YouTube alla voce Lezioni di vita e di cucina nella Napoli dei Quartieri Spagnoli. E per chi voglia saperne di più c’è anche il sito della coppia più bella della cucina partenopea (angeloscognamiglio.it). Che la fusion ce l’ha scritta nel dna. Perché multiculturali si nasce. E i napoletani modestamente lo nacquero.
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