
L’ipocalorico addio delle abbuffate in spiaggia – la Repubblica
Su Repubblica di oggi. Buona lettura!
Se l’estate al mare è lo specchio fedele della mutazione antropologica italiana, la tavola è la sua scena chiave. Dalle colazioni al sacco dell’era fascista ai nostri apericena pieds dans l’eau.
Fino agli anni Trenta, quando vengono introdotte le ferie retribuite, i ricchi erano i soli a potersi consentire la villeggiatura. Con i suoi sontuosi annessi gastronomici, quelli che Goldoni descrive nella sua Trilogia. Gli altri al massimo si permettevano una scampagnata. A base di abbuffate e zingarate, processioni e indigestioni, balli e sballi. La vera svolta arriva negli anni del Sorpasso e del miracolo economico, quando cabine, ombrelloni e rotonde sul mare diventano tutto un banqueting.
Allora un’Italia ex povera, ma bella nonostante il sovrappeso, esorcizza lo spettro della miseria a forza di fettuccine, abbacchio e cocomero.
Cerimonie caloriche officiate da imponenti madri matrone, mentre pupi e consorti sguazzano tra le onde come tritoni-chiattoni.
Poi si entra nell’era dell’insalata di riso e della pasta fredda, sorelle del buffet e parenti strette di barbecue, piatti di carta e posate usa e getta.
Una ventata libertadora, figlia di una mobilità sociale che inventa nuove abitudini mangerecce e alleggerisce le donne dall’oneroso onore di regine dei fornelli. Farfalloni, eliche e conchiglie con tonno, gamberetti, olive, mais, rucola e palmito sono un buon compromesso tra edonismo e femminismo, all’insegna di un’informalità che esonera dai must tradizionali. Sia dei piatti, sia dei ruoli. Da questo dadaismo alimentare discende la vacanza destrutturata dei Millennials. Tanto liberi dal passato che possono permettersi di rimpiangerlo. E di rispolverarlo, rimescolarlo, reinventarlo, contaminarlo. Con ricette fusion che mettono insieme la nostalgia del vecchio e le commodities del nuovo, la neofrugalità green e l’Arcadia bio, la cucina di nonna e il free-from, i grani vintage e il km zero. Tradizioni, ribellioni, radicalizzazioni. Come la recentissima messa al bando di qualunque prodotto munito di codice a barre. Perché in quella tracciabilità si nasconderebbe la mano invisibile degli untori globali.
Risultato, un ready made fatto di passioni e ossessioni, credenze e tendenze, utopie e nostalgie continuamente updatate. Usi e consumi a tempo determinato per un’estate interinale.
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