
Sharing gastronomy, la covivialità in versione 2.0 – il Venerdì di Repubblica
“Sharing gastronomy, la covivialità in versione 2.0”. Ne parlo oggi sul Venerdì di Repubblica nella mia rubrica Miti d’Oggi, buona lettura!
Siamo entrati nell’era dell’home restaurant. Possiamo scegliere di andare a gustare una strepitosa bagnacauda in una casa del Cuneese o gli spaghetti alla Norma con le melanzane a foglia secca preparati da una provetta cuoca di Catania. Tutto questo e molto altro è diventato possibile grazie all’accordo fra TripAdvisor, il più noto e temuto portale di recensioni, e EatWith, una startup del social eating che permette a chi viaggia di bypassare il ristorante e di immergersi in atmosfere familiari per assaggiare cibi cucinati da chef interinali. Che aprono le porte della loro sala da pranzo per accogliere ospiti paganti. Offrendo, insieme al cibo, un’accoglienza più intima, fatta di conoscenza, di scoperta, di scambio.
Per il momento gli host disponibili sono concentrati in alcune grandi città, anche italiane, ma la rete è in grande crescita ed è prevedibile che in tempi brevi la tendenza diventi virale. A dire il vero in Italia l’idea del mangiare in community era già venuta a Gnammo, una piattaforma dove è già possibile prenotare cene in situazioni e location assolutamente informali.
Ovviamente come prevede la filosofia di TripAdvisor ogni esperienza verrà recensita e postata in modo da consentire agli utenti di non scegliere a scatola chiusa. È un segno ulteriore che gli usi e consumi del cittadino globale sono sempre più orientati verso la condivisione. Economica e non solo. Per effetto della crisi, certo, ma anche per una voglia crescente di comunità, di contatto.
Mani che si stringono e occhi che si guardano. Un desiderio che nasce come onda di ritorno della società liquida. È la convivialità in versione 2.0, l’inizio della sharing gastronomy.
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