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Per fede o per Fedez, agosto e i suoi riti di esaltazione collettiva – il Venerdì di Repubblica

1 Settembre 2017

Nell’estate delle sagre e dei tormentoni, tra mojito e Despacito, granite e granate, con annesse grigliate, c’è ancora spazio per i riti catartici. Lo scorso weekend, quasi in contemporanea, mentre a Melpignano l’estate salentina culminava nell’esplosione dionisiaca della Notte della taranta, a Guardia Sanframondi, una cittadina del Beneventano, è andato in scena l’ultimo mea culpa dell’Occidente.
Mille incappucciati, coperti da un rigoroso anonimato, si sono battuti a sangue in onore della Madonna Assunta, sotto l’occhio indiscreto delle telecamere di mezzo mondo. Nonché di una schiera di antropologi, film makers, curiosi, instagramers e selfie made in men. Centomila persone per una liturgia di penitenza che sembra una scheggia di Medioevo.
Tutt’altra musica in Salento dove si celebrava il revival della pizzica. Cioè la danza terapeutica che una volta le donne “morse” dalla tarantola ballavano o allo sfinimento per guarire dal loro male. Certo adesso quello che fu un simbolo di sofferenza, ereditato dal mondo pagano, è diventato un fenomeno turistico ed economico. Eppure il bailamme del concertone finale, per quanto si sforzi di apparire puro intrattenimento, conserva una scintilla della baldoria frenetica delle baccanti. Un’esaltazione collettiva a metà tra il rave e il festival pop. Due rituali completamente diversi, fortemente religioso l’uno, decisamente secolarizzato l’altro. Eppure hanno in comune la ricerca di uno stato di esaltazione collettiva. Dell’anima a Guardia, del corpo a Melpignano.
In ogni caso si tratta di due modi diversi per sentirsi meno individui e più comunità. Che sia per fede o per Fedez non fa differenza.

Marino Niola
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