
Da lunedì si digiuna, non più per Dio ma per il nostro io – il Venerdì di Repubblica
Da lunedì tutti a dieta, perché ci aspetta la Quaresima. Che una volta iniziava all’indomani degli eccessi di Carnevale. Invece adesso comincia dopo l’Epifania. Che tutte le feste porta via. Lasciando purtroppo sui nostri fianchi i segni inequivocabili delle abbuffate che fanno dei dodici giorni tra Natale e il 6 gennaio un’estenuante orgia calorica. E così già da domani sera, dopo aver svuotato la calza cioccolatino, reciteremo il mea culpa bagnato da abbondanti lacrime di coccodrillo. Seguite a ruota dal rituale decalogo di buoni proponimenti che ogni anno recitiamo dopo le vacanze.
Il fatto è che la Quaresima d’antan era una moratoria alimentare, un digiuno di precetto, una mortificazione della carne che serviva a fortificare l’anima attraverso la rinuncia. Proprio come il Ramadan per i musulmani. Ma una volta, tranne pochissime feste comandate, tirare la cinghia era esperienza quotidiana.
Mentre noi, per nostra fortuna, avendo risolto da un bel po’ il problema della fame, abbiamo spalmato l’abbondanza festiva su tutto il calendario. Così gli interminabili banchetti natalizi sono solo un surplus lipidico che allarga ulteriormente i confini di un girovita già impegnato in una lotta impari contro le tentazioni quotidiane. In realtà la nostra battaglia contro i piaceri della gola non ha più nulla di religioso, né tantomeno di calendariale. È semplicemente un mix di etica e dietetica, di fioretti laici e ascetismi nutrizionali.
La ricerca del modello alimentare virtuoso al servizio di un culto ossessivo del corpo. Che fa cortocircuitare salute e salvezza nel tentativo di mettere d’accordola bilancia e la coscienza. E invece di farlo per Dio, lo facciamo per l’io.
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