
Le asettiche parole non bastano più – il Caffè
Il linguaggio prima di significare qualcosa, significa per qualcuno, diceva…
Non c’è festa senza cibo della festa. Ma, da quando abbiamo spalmato la domenica su tutto il calendario, siamo diventati più incerti. In particolare a Ferragosto. Mangiare tanto o mangiare poco? Spararsi l’intero budget calorico per un’abbuffata epica? O convertirsi alla frugalità cheap e chic? Innovare o tornare alla cucina di mammà? Non abbiamo più il menu rituale e allora lavoriamo di fantasia.
Mescolando passato e futuro, antiche tradizioni e nuove tendenze, piatti collaudati e sperimentazioni senza rete.
Perché in realtà Ferragosto è un cantiere festivo sempre aperto.
Che assorbe gli umori e i sapori del momento. Soprattutto da quando non c’è più religione. E la civiltà del tempo libero ha esodato l’Assunta, che una volta era la vera festeggiata. Con l’eccezione del Mezzogiorno, dove le Assunte e le Assuntine ancorché dissimulate da nickname come Susy, Assia, Sissi, Ata e Tina, sono ancora tante. E per loro si organizzano pranzi da Benvenuti al Sud. Pieni di calore e di calorie che misurano la temperatura affettiva di amici e parenti.
I transfughi della tradizione, quelli che detestano i porti sicuri, i piatti di sempre e hanno in gran dispetto paste al forno, pizze fritte, grigliate, spaghettate, lasagnate, risottate, porchettate, optano per soluzioni zen. Come fa il popolo del sushi, che si prepara a sminuzzare, sciabolare, marinare, sfilettare, affumicare, pressare, arrotolare, cubettare, sferificare, salsettare, “tatakare” ogni abitatore del mare che gli arrivi a tiro. Tonni, ricciole, salmoni, branzini, orate, calamari, gamberi, capesante, polpi vengono glorificati nel corso di un’orgia ascetica.
Poi ci sono quelli della green gastronomy, che fanno del Ferragosto la piattaforma dellaleggerezza sostenibile. Etica e dietetica a Km zero. Per fortuna la folla delle scampagnate fuoriporta e delle passeggiate in montagna non molla. E tira fuori completi da picnic, borse frigo e tovaglie a quadri, per rinverdire il rituale del déjeuner sur l’herbe.
Insomma, nonostante ci siamo divisi in tante tribù alimentari, disertiamo i fornelli e siamo perennemente a dieta, il desiderio di comunità e di convivialità rispunta carsicamente in queste ferie d’agosto. Cuciniamo insieme, ci sfondiamo di cibo e di chiacchiere sul cibo. E quell’arte della condivisione, tipica del genoma italico, riaffiora come la scheggia di una storia nostra e non più nostra. Da rivivere in compagnia davanti a un tramonto rosso spritz.
Il linguaggio prima di significare qualcosa, significa per qualcuno, diceva…
Strade vuote e case piene. Il coronavirus cambia le nostre…
Se non altro non li manifestiamo perché, almeno un po’,…
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