
E le interiora presero il posto dell’interiorità – il Venerdì di Repubblica
Il grande mito culturale del Novecento è stato l’interiorità. Il grande mito culturale di oggi, invece, sono le interiora. Nella prima la psicoanalisi e la letteratura hanno visto la scatola nera dell’io. Nelle seconde la scienza intravede la nuova frontiera dell’essere. E soprattutto del benessere.
Dai meandri immateriali della coscienza ai labirinti fin troppo materiali delle viscere, il passo sembrerebbe lungo.
Ma lo è solo in apparenza. Come suggerisce una mostra intitolata Microbiota. Il fascino discreto dell’intestino che la Cité des Sciences et de l’Industrie di Parigi dedica a quella che comunemente si chiama flora intestinale. L’esposizione, che chiuderà i battenti il 4 agosto, è ispirata al bestseller L’intestino felice di Giulia Enders, la biologa tedesca che ha iniziato il pubblico di tutto il mondo alle dinamiche segrete, verrebbe da dire alle lotte intestine, tra batteri e archeobatteri, virus e funghi, che si combattono dentro di noi. E che determinano il nostro umore, carattere, salute, sensibilità, comportamento.
Nel nostro ventre, ha dichiarato di recente Enders, si nasconde un bosco enorme e straordinario, popolato dalle creature più incredibili, che ogni giorno lavorano per noi e influenzano la nostra vita. Insomma, se credete che nove metri di budella abbiano la sola funzione di essere svuotate e passino il resto del loro tempo in una stasi fancazzista, vi sbagliate di grosso. In realtà il groviglio viscerale è il nostro secondo cervello.
E il nostro primo organo di senso. Vuoi vedere che aveva ragione Nietzsche a dire che i pessimisti sono persone intelligenti con la pancia in sofferenza?
È la fine del cogito e l’inizio del rigurgito ergo sum.
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