
Dalla lotta di classe alla battaglia per l’ambiente – il Venerdì di Repubblica
Il riscaldamento a palla è di destra. Il surriscaldamento globale è di sinistra. In questa contrapposizione tra gli integrati, che dello stare caldi e comodi fanno l’emblema dello sviluppo, e gli apocalittici, che vedono già squagliata la calotta polare, si può ancora riassumere il nocciolo duro della questione ambientale. Anche se, al di là del negazionismo ecologico di Donald Trump, le autorità americane stanno cambiando idea. È del mese scorso una relazione del governo Usa, elaborata da scienziati delle agenzie federali, dove si ammette che alla base del global warming c’è l’azione dell’uomo. In particolare industria e agricoltura intensiva.
E sempre dagli Stati Uniti, che sono l’immagine anticipata del nostro futuro, arrivano ulteriori segni di resipiscenza ambientalista, al di là dell’appartenenza politica. Il più recente affiora da uno studio del Pew Research Center sulla crescita dell’agricoltura biologica.
I dati forniti dal think tank di Washington, specializzato in analisi delle tendenze sociali, testimoniano un aumento esponenziale delle aziende con certificazione bio. Con un incremento del 56 per cento in cinque anni. Come c’era da aspettarsi a fare da capofila è la California, dove l’eredità delle controculture della Terra e delle comuni produttive è diventata business. Ma si battono bene Stati come Vermont e New York.
Evidentemente la salute dell’uomo e dell’ambiente sta diventando l’ultima frontiera della politica, la nuova forma di una contrapposizione su più fronti fra i sostenitori del primato delle libertà individuali e i paladini dei diritti dei viventi. La posta di questa battaglia trasversale è il progresso sostenibile.
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