
Così Carnevale ci smaschera e unisce l’Europa – il Venerdì di Repubblica
Ma chi l’ha detto che Carnevale è solo intrattenimento, confusione, trasgressione? In realtà dietro l’apparenza caciarona, la più popolare delle nostre feste dice la verità su di noi.
Ma una verità mascherata. Se ne parla in questi giorni in un convegno dal titolo Il Carnevale e il Mediterraneo, sul tema maschera e cibo, iniziato ieri a Melfi e che prosegue oggi a Putignano, sede di uno dei più celebri carnevali italiani, per concludersi domani a Matera, capitale europea della cultura 2019.
In realtà, come dice Pietro Totaro, storico del Teatro antico dell’Università di Bari e organizzatore della tre giorni, più che mascherarsi a Carnevale ci si smaschera. Si diventa come gli attori che, mettendosi nei panni di un altro, rivelano se stessi.
Ed è proprio quel che facciamo tutti noi quando ci travestiamo e diventiamo altri. Abbattendo barriere e frontiere. Di sesso, etnia, nazione e condizione sociale. Gli uomini diventano donne, le donne uomini, i bianchi neri, i servi padroni e viceversa. È un modo per metabolizzare quella diversità che ci inquieta, infilandosi nei suoi panni. Ma, oltre alle differenze, il mascheramento fa affiorare le somiglianze. Non è un caso che le maschere, i costumi, i nomi, perfino i materiali e i colori dei personaggi carnevaleschi siano gli stessi dai Balcani al Portogallo. Il lavoratore, l’uomo selvatico, il politico impostore, il dottore spocchioso, i diavoli, i morti viventi.
E l’esperienza di questa unità antica e profonda è una delle ragioni della longevità di questa festa che non conosce decrescita. Forse perché a Carnevale l’Europa smette di essere un problema e si rivela davvero unita.
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