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La penitenza laica che alleggerisce bilancia e coscienza – il Venerdì di Repubblica

5 Aprile 2019

Siamo in pieno revival del digiuno. Ma non perché questi sono giorni di Quaresima. Stavolta non lo facciamo per Dio ma per l’io.
Se anticamente astenersi dal cibo era l’anima della preghiera, come dicevano i Padri della Chiesa, oggi, nella società che ha trasformato l’etica in dietetica e la purificazione in disintossicazione, digiunare è un atto di resipiscenza corporea.
Sta di fatto che a poco più di mezzo secolo dal liberi tutti di Paolo VI, che nel 1966 abolì i tradizionali divieti cattolici, come quello di mangiar carne il venerdì, sostituito con le buone azioni e con l’astinenza temporanea da shopping e tv, stanno tornando alla grande pratiche ascetiche di ogni sorta. E così la Quaresima, uscita dalla porta, rientra dalla finestra. E non solo nei giorni comandati. Un numero crescente di adepti della religione del corpo spalma, infatti, la rinuncia su tutto il calendario.
Forse per prendere le distanze da quelli che celebrano ogni dì una festa dello scialo. Il fatto è che in una società come la nostra, il grande nemico non è più la fame, ma l’abbondanza.
Che si porta dietro il suo minaccioso carico di paure, ansie, sensi di colpa.
Così il digiuno si prende la rivincita e si afferma come miracolosa misura salutista, come modo per rimetterci in pace con noi stessi, con gli altri e con l’ambiente. Il risultato è che, al di là delle questioni mediche e fisiologiche tuttora al vaglio degli scienziati, credenti e non credenti si ritrovano insieme a fare fioretti. E il digiuno, da vittoria sulle tentazioni si trasforma in nuovo mito del controllo di sé. Una penitenza laica che alleggerisce insieme la bilancia e la coscienza.

Marino Niola
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