
I film di Tarantino parlano con voce troppo maschile – il Venerdì di Repubblica
Questa volta la scure del #MeToo si è abbattuta su Quentin Tarantino. Ad aprire il fuoco è stato il New York Times che lo ha accusato di aver deliberatamente tolto spazio a Margot Robbie, interprete femminile di C’era una volta a… Hollywood, l’ultima fatica del regista, con interpreti del calibro di Leonardo Di Caprio, Brad Pitt e Al Pacino. Eppure, la pellicola, che uscirà nelle sale italiana il 18 settembre, ha come sfondo la storia di una donna, l’attrice Sharon Tate, barbaramente uccisa nel 1969 dalla setta di Charles Manson.
Ma il vero missile terra-aria contro Quentin, lo ha lanciato Time nel numero di questo mese, con un articolo di Annapurna Kambhampati ed Elijah Wolfson. Che si sono presi la briga di contare le righe dei dialoghi presenti nell’intera filmografia tarantiniana per lasciare all’imparzialità delle cifre il verdetto sul presunto maschilismo del regista. I due giornalisti hanno preso in considerazione le righe effettive, eliminando quelle costituite da una parola singola. E soprattutto si sono basati sulla visione del film e non sulla sceneggiatura, visto che spesso tra lo script e l’opera che esce nelle sale possono esserci grosse differenze. Per esempio, una scena femminile presente nella scrittura di Le iene è stata tagliata nella pellicola. A conclusione dell’indagine, la percentuale di righe riservate ai maschi risulta notevolmente superiore a quella delle donne. Perfino in film con protagoniste femminili come Kill Bill lo scarto è del 18 per cento.
Insomma, l’inchiesta rivela l’esistenza di un gender gap che appartiene alla logica dell’industria cinematografica e in generale all’intero mondo del lavoro. È lì che si annida insospettato il bubbone del sessismo. Che di tanto in tanto il Weinstein di turno si limita a far scoppiare.
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