
I doni di Artusi, che unificò il meglio d’Italia – il Venerdì di Repubblica
Dall’arte di mangiar bene al dovere di mangiar sano. Sta tutta qui la differenza tra il tempo di Pellegrino Artusi e il nostro.
Il popolo di lettori cui si rivolgeva il padre della gastronomia italiana, nato nel 1820, era in cerca di calorie e di piaceri e il colesterolo neanche sapeva cosa fosse. Il nostro tempo, invece, versa in una endemica sindrome immunitaria e in ogni cibo vede un potenziale killer. Ma soprattutto, nell’Ottocento la cucina italiana era ancora di là da venire. Esistevano le cucine regionali, che erano tante quanti gli Stati che componevano lo Stivale. Adesso l’autobiografia di Artusi, appena pubblicata dal Saggiatore (pp. 216, euro 15) con il titolo Tutto vi dono, ci restituisce il clima in cui il commerciante e letterato di Forlimpopoli concepisce ed attua il suo progetto di unificare l’Italia a tavola. Con il prezioso contributo dei curatori del volume, Alberto Abruzzese e Andrea Pollarini, che ci restituiscono il panorama umano e storico che fa da sfondo alle vicende artusiane. Ricostruendo la genesi di un long seller come La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene che a tutt’oggi, con i suoi svariati milioni di copie vendute, resta uno dei più grandi successi editoriali italiani. E che nasce da un rapporto epistolare strettissimo tra il grande food writer e le sue lettrici-informatrici, che gli inviavano ricette da ogni parte del Paese.
Lui le provava tutte, con l’aiuto di Marietta, la sua governante e, quel che più conta, il suo alter ego ai fornelli. Ma il merito principale di questa autobiografia è di rivelarci l’immagine del vero Pellegrino. Un uomo amante del bello e del buono, ovunque si trovassero, in un piatto o in una donna. Perché la cucina non serve solo a sfamarci ma, come amava ripetere questo Cavour della gastronomia morto a 91 anni, ad allargarci la vita. Da non confondere col girovita.
Discussion about this post