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Generazioni in testacoda – la Repubblica

29 Dicembre 2019

Se per i lettori di Repubblica sardine è la parola dell’anno, è segno che volti e simboli della politica stanno cambiando. Nel sondaggio proposto da questo giornale, il movimento che riempie le piazze ha stracciato tutti i termini concorrenti, da allunaggio a influencer, da reddito di cittadinanza a capitana. Se poi mettiamo insieme lo score dei pesci azzurri e la popolarità dilagante di Greta Thunberg, proclamata da Time personaggio dell’anno, vuol dire che il 2019 entrerà nella storia come l’anno delle generazioni in testacoda.

Con i ragazzi che si prendono la scena e dettano l’agenda delle urgenze e delle priorità a una politica che è diventata soprattutto po-litiga. È un testacoda che sta nel linguaggio, nel messaggio e nel mezzo.

Linguaggio pacato, volutamente non aggressivo.

Messaggio utopico e insieme pragmatico. Ma quello che sta facendo davvero la differenza è il mezzo.

Perché questo abbozzo di movimentismo digitale, di fatto tira la barba al paternalismo partitico tradizionale, in Italia come altrove. È questo il dato inedito che sta emergendo da questi fenomeni. Un potenziale straordinario, seppure allo stato nascente, di fronte al quale gli inquilini abituali della stanza dei bottoni, dai politici agli intellettuali, fino agli elzeviristi di grido, hanno spesso reazioni ingenerosamente scomposte. Che ricordano la rabbia dei padri quando vengono messi all’angolo dai figli. E la loro aggressività rivela una sorta di risentimento senile.

Effetto delle nuove tecnologie, questo rivolgimento dal basso dei valori e delle gerarchie, è antropologico prima ancora che politico. Perché quel che mette in discussione è il modello culturale dei padri, la loro visione del mondo, le loro aspirazioni, passioni e ossessioni. È un vortice culturale che ha nella rete il suo epicentro caotico e polimorfo, ma potente. E nella creatività il suo mantra, la sua sfida all’ineluttabilità dell’esistente, al modello unico di sviluppo economico, nonché all’idea di società che lo accompagna. Per certi versi quello che si annuncia assomiglia a un nuovo Sessantotto. Ma quest’ultimo fu più che altro una spallata violenta al patriarcato nel privato, che non ebbe grandi effetti sulla politica, anzi la rese più rigida e sclerotica. Mentre in questo caso il testacoda c’è eccome. È sia dentro le mura domestiche che nelle piazze. La differenza incalcolabile è che allora non c’era il web, che di questo capovolgimento è il simbolo e la causa efficiente. Perché informa, mobilita, convoca e costruisce opinione in modo assolutamente diverso da quanto fanno i soggetti istituzionali tradizionali.

Insomma, il popolo delle sardine, ma anche quello che si riconosce in Greta, non solo è figlio della rete, ma è fatto a sua immagine e somiglianza. Ne condivide il bioritmo vitale, l’orizzontalità democratica, la simultaneità senza prima e senza poi, l’assenza del principio d’autorità. Che fa fuori le pedagogie dentro le quali siamo cresciuti. Se la formazione tradizionale ci insegnava a pensare, internet è un nuovo centro di produzione e scambio in tempo reale di valori e visioni della vita, politica compresa. E riflette, come in uno specchio, lo stato attuale del rapporto tra le generazioni. È sempre più evidente che non sono più gli adulti a trasmettere ai giovani saperi, esperienze, conoscenze, competenze, aspirazioni. Ormai la cultura non è più esclusivamente discendente, dai genitori ai figli, ma è in buona parte ascendente, dai figli ai genitori.

Ed è proprio la straordinaria naturalezza con la quale abitano il web a far correre verso il futuro i Millennials ad una velocità impossibile per gli adulti. Finendo per fare di padri e madri i figli dei propri figli.

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Marino Niola
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